Come gestire un infortunio

Il termine infortunio è ampio e racchiude molte condizioni. In questo articolo mi soffermerò a trattare infortuni a carico del sistema muscolo-scheletrico come: lombalgie, cervicalgie e tendinopatie che possono provocare forte impedimento (o stop) delle normali attività quotidiane e sportive.

La personale definizione che do di infortunio è, un dolore, solitamente acuto ma talvolta anche persistente, che determina un cambiamento non voluto della routine. Cosa intendo? Prendiamo d’esempio la tendinopatia del tendine di Achille (condizione cronica). In questo caso, nei pazienti colpiti si riscontra una riduzione o cessazione dell’attività fisica (non volute) con, in molti casi, difficoltà anche nel cammino e conseguente modifica delle attività quotidiane per evitare il dolore. Questo lo definisco un infortunio. Caso diverso è invece il dolore (affaticamento) muscolare che insorge dopo un allenamento o sessione in palestra. Anch’esso può portare a limitazione dell’attività fisica ma solo temporaneamente, la risoluzione è rapida senza alcun tipo di stop prolungato.

Primo punto fondamentale, capire l’entità del dolore. Quando insorge un fastidio (o dolore) la prima cosa da fare è capirne la gravità, questa comprensione aiuta a guidare le scelte successive evitando di peggiorare la situazione. Ecco una serie di domande utili.

  1. È un dolore che ho già avuto in passato? Se si, come ho risolto?
  2. Riesco a compiere dei movimenti o devo fermarmi del tutto?
  3. È presente in maniera costante tutto il giorno? È presente anche la notte?
  4. Da quanto tempo lo avverto?
  5. Migliora o peggiora con il movimento?

1) Analizziamo ciascun punto. Se il dolore che sento l’ho già avuto (e poi mi è passato) è un buon segno, anche a livello psicologico mi devo concentrare sul fatto che la risoluzione esiste e non è qualcosa che non passerà mai. Se ho avuto successo con una specifica terapia può essere il caso di ripeterla. Chiaramente se si parla di dolori che si presentano a cadenza regolare con molte recidive significa che la terapia usata è un palliativo e non sta davvero trattando la causa. Esempio pratico. Mal di schiena cronico con frequenti blocchi. Caso tipico che si presenta spesso. Non è un dolore nuovo (frequenti recidive) quindi non deve spaventare eccessivamente, tuttavia, se l’unico trattamento è stato l’utilizzo di farmaci per placare il dolore o l’infiammazione, al 99% si ripresenterà, perché non è stata mai trattata la causa primaria, questo è spiegato dalle frequenti recidive. Quando un dolore tende a tornare anche 2 / 3 volte l’anno significa che il trattamento è sbagliato. Vedremo poi un possibile approccio.

2) Se pur avendo dolore riesco a svolgere quasi tutte le attività, anche questo è un buon segno. Chiaramente ci vuole comunque approfondimento e prudenza. Avere fastidio in una zona per molto tempo non è normale ed è sicuramente un campanello di allarme. Detto questo se abbiamo dolore al collo da svariati mesi, dopo aver passato lunghi periodi alla scrivania non è necessario utilizzare punture quotidiane di anti infiammatori o fare ripetuti esami strumentali. Quando un dolore è si cronico ma piuttosto leggero e non sempre presente è bene non preoccuparsi troppo per evitare di instaurare quadri di negatività e paura del movimento. Al contrario, se il dolore limita fortemente la maggior parte delle attività quotidiane, è molto forte e soprattutto è la prima volta che compare può essere importante approfondire. Tuttavia, come nei casi di blocco lombare (descritto così da molte persone) in cui si ha forte dolore alla bassa schiena con difficoltà a piegarsi, rialzarsi e spesso anche notturno non c’è comunque da preoccuparsi. Ci troviamo in fase acuta, l’infiammazione locale è alta e tende a scomparire in circa 3-5gg con alleviazione dei sintomi. In questo caso specifico la cosa migliore da fare è il riposo evitando tutti i movimenti che aggravano il dolore. Ma soltanto per 5-7gg non di più!

3) Il dolore avvertito nella maggior parte delle affezioni muscolo-scheletrici (non gravi) non è presente durante tutto il giorno. Il suggerimento è individuare in quali momenti / movimenti il dolore non è presente (o è presente) per capirne l’andamento. Prendendo di nuovo il dolore lombare cronico la casistica più frequente è averlo maggiormente la mattina, al risveglio, o dopo essere stati tanto in una posizione (dolore dopo posizione mantenuta). Solitamente la lombalgia cronica migliora con il movimento, sia specifico (esercizi) che generale (camminare / fare piccoli lavoretti in piedi). Sicuramente un campanello di allarme è la presenza di dolore durante la notte, fino ad arrivare a episodi di risveglio (o sonno fortemente disturbato) per via di esso. Ecco in questo caso il consiglio è approfondire quanto prima la situazione. La presenza di dolore a poussée ovvero l’alternanza tra momenti di fastidio a momenti di benessere è molto normale e comprende quasi tutti i più comuni dolori perciò non deve far preoccupare.

4) Durata. Un dolore cronico comparso per la prima volta anni prima ma anche con frequenti recidive non deve far preoccupare. Attenzione, preoccupare non vuol dire che può essere ignorato, ma che, molto probabilmente non è niente di grave. La maggior parte delle persone con dolore cronico ad esempio al tratto cervicale ha la prima esperienza di comparsa anni prima, anche 10 / 15! Seppur con episodi di recidive (magari anche annuali) ma il dolore non è nuovo. Diverso è, per esempio, un trauma acuto. Se durante la corsa avvertiamo forte dolore a un muscolo (o tendine) che ci impedisce di continuare la situazione è da valutare immediatamente.

5) Migliora o peggiora con il movimento? In linea generale un dolore che migliora muovendosi non è grave. L’organismo è una macchina perfetta, tende a proteggere ciò che è realmente danneggiato, impedendoci (attraverso il dolore) di peggiorare la situazione. Esempio classico, fratture e lesioni legamentose / tendinee (nette). È praticamente impossibile svolgere una qualsiasi attività che coinvolga l’osso rotto in questione quando è presente una linea di frattura, il dolore è molto forte da impedire i movimenti. Si può avere dolore anche facendo movimenti che coinvolgono articolazioni vicine. Anche in caso di rottura di un legamento (es. Crociato) o strappo muscolare la condizione è la medesima, impossibilità di utilizzo dell’articolazione / muscolo. Esistono casi particolari come gli edemi ossei e le fratture da stress in cui il movimento non è del tutto invalidante. Gli atleti, sopratutto nel primo periodo riescono a terminare gli allenamenti, tuttavia l’attività fisica è quasi sempre peggiorativa. In questi casi infatti, il dolore solitamente peggiora durante l’attività fisica ed è molto elevato nelle ore successive l’allenamento.

Una volta che abbiamo risposto a queste cinque domande il quadro è molto più completo. Riassumendo, un dolore che è già stato avvertito negli anni, non sempre presente durante la giornata, e che migliora con il movimento non deve preoccupare. La soluzione sarà probabilmente rinforzare le strutture dell’aria dolente (es. Cervicale / Lombare) con esercizi specifici e movimento.

Conviene sempre fare esami strumentali? Basandoci sulle evidenze scientifiche (PMID: 35669019) sappiamo che l’80% dei pazienti di età compresa tra 50-60 anni ha una degenerazione discale della colonna lombare senza avere dolore. Così come il 30% tra i 30-40 anni ha una protrusione discale senza dolore. Quindi, non sempre l’esame strumentale può aiutare, anzi. In molti casi si è visto essere kinesiofobia (paura del movimento) e catastrofismo (visione negativa del futuro) portando il paziente a diminuire ancora di più movimento e attività fisica. Il risultato di ciò è un ulteriore indebolimento delle strutture con aumento del rischio di recidiva! Il mio consiglio è sempre affidarsi a un professionista aggiornato che sappia valutare bene la situazione senza fare per forza indagini diagnostiche inutili. Chiaramente, in casi come: dolore molto forte / invalidante, trauma, dolore notturno, dolore persistente un esame diagnostico potrebbe essere molto consigliato per escludere patologie più gravi (frattura / lesione dei legamenti). L’esame più accurato risulta quasi sempre la risonanza magnetica. Essa permette di analizzare tutti i tessuti sia molli (muscoli, tendini, legamenti) che ossei fornendo un immagina precisa e specifica.

Accumulo e adattamento. Questo è un altro concetto importante da spiegare prima di passare agli esempi pratici. Quasi tutti i tessuti del corpo rispondo a stimoli esterni adattandosi (e rinforzandosi). Il cervello, per esempio, migliora e incrementa le sue connessioni sinaptiche attraverso lo studio. Lo studio implica un impegno da parte del cervello che, in risposta, migliora le sue capacità di apprendimento. Questo succede anche per i tessuti muscolo-scheletrici come si può osservare in chi fa palestra. Sollevare pesi è uno stimolo esterno per i muscoli che in risposta si rinforzano, diventando più grandi (ipertrofia). Questo è un vero e proprio meccanismo di adattamento e sopravvivenza. Perché avvenga però è necessario che vi sia adeguato riposo. Se manca il risposo lo stress è troppo grande da gestire, il tessuto prima si affatica e, se lo stimolo continua, si infortuna poiché non è capace di adattarsi. Il primo motivo di infortunio del tessuto muscolo-scheletrico (esclusi traumi) è la scarsa tolleranza al carico. Ovvero, i tessuti sono deboli e non reggono un carico esterno che non per forza è un peso ma anzi, nella maggior parte dei casi è un semplice movimento quotidiano, come raccogliere qualcosa da terra. La casistica maggiore di blocchi lombari o dolore cronico si riscontra in popolazione sedentaria, questo proprio perché le strutture della colonna sono deboli e mal tollerano i movimenti. Inoltre, lavori di ufficio, forzano le persone a posizioni mantenute per lunghi periodi limitando ancora di più il movimento. Ecco che, in questi casi, fornire più stimoli attraverso attività fisica quotidiana ed esercizi è la strategia migliore non solo per trattare il dolore ma anche (e sopratutto) per evitare recidive. Le linee guida dell’OMS raccomandano almeno 20′ di attività fisica moderata al giorno. È anche vero il caso opposto. In un programma di allenamento sbilanciato, il carico eccessivo (senza adeguato riposo) determina un mal adattamento con conseguente indebolimento dei tessuti ed infortunio. Il modello del load & rest è di fondamentale importanza sia per gestire gli infortuni che per prevenirne l’insorgenza.

Stress. Attenzione, anche gli stress esterni come litigi familiari / lavorativi, ansie, preoccupazioni, scadenze etc. Hanno un ruolo importante sulla capacità di recupero e adattamento del corpo, riducendola. Non è raro che in momenti particolarmente stressanti ci si infortuni o si abbia una recidiva di un dolore già avuto. Per questo è importante considerare attentamente il periodo in cui siamo. Se per esempio ci stiamo allenando per una competizione, il suggerimento è di non aumentare il carico allenante in concomitanza di periodi particolarmente stressanti. Questo passo, di fondamentale importanza richiede molto ascolto dei segnali e oggettività, cose non sempre facili da fare.

Alcuni esempi pratici per capire come gestire vari tipi di infortuni.

#1 esempio tendinopatia. Questo tipo di infortunio solitamente si manifesta con difficoltà nell’utilizzo dell’articolazione interessata dal tendine es. dolore alla spalla con tendinopatia del Sovraspinato. Il dolore spesso è presente dopo aver svolto un’attività o esercizio che coinvolge quell’articolazione. Tuttavia, in molti casi, il dolore è maggiore dopo l’attività e non durante. Il motivo principale, è una debolezza del tendine. Il rimedio è quindi il rinforzo. È importante però anche modificare l’attività aggravante. Se abbiamo dolore mentre facciamo un esercizio specifico dovremmo ridurre il carico (serie e/o ripetizioni) o cambiare il movimento trovando il massimo che possiamo fare senza avere dolore. È molto importante cercare di non cessare del tutto l’attività fisica per non indebolire ulteriormente il tendine. Se il dolore è molto forte sarà necessario interrompere momentaneamente le attività che lo peggiorano, cercando però di riprenderle il prima possibile. Questo è un passaggio fondamentale. Inoltre, avere un leggero fastidio è piuttosto normale e non deve spaventare (ne tantomeno fermare) la cosa più importante è che il dolore non peggiori molto il giorno dopo. Questo significherebbe che abbiamo fatto troppo e dovremmo ridurre il carico. I tendini rispetto ad altre strutture sono meno vascolarizzati, per questo aumentare l’afllusso sanguigno (drenaggio) nella zona risulta utile per migliorare il processo riparativo e diminuire i tempi di guarigione. Il primo metodo efficace è l’attività fisica. Il movimento grazie all’attivazione dei muscoli incrementa il movimento sanguigno e di conseguenza migliora il drenaggio. Se abbiamo dolore al tendine d’Achille due attività positive potrebbero essere il nuoto e la bicicletta. Entrambe attivano la muscolatura riducendo per il carico sul tendine rispetto a corsa e camminata. Anche gli esercizi (es. Sollevamento sulle punte) attivando i muscoli e tendini incrementano l’afflusso sanguigno locale migliorando il drenaggio. Applicare bendaggi compressivi, per esempio con calze a compressione sopratutto nei momenti iniziale può aiutare. Effetto ottenuto anche con la pressione idrostatica durante il nuoto. Altri 2 metodi efficaci sono applicazione di ghiaccio alternato (es. 5′ con ghiaccio 5′ senza) o calore (mediante certotti caldi / borsa dell’acqua calda). Lo scopo di queste pratiche è ancora una volta aumentare il drenaggio locale favorendo il ricambio dei fluidi e la riparazione dei tessuti (PMID: 12106496). Attenzione. L’obiettivo principale per guarire da una tendinopatia è il rinforzo del tendine, le metodologie passive servono solo come supporto. Una progressione con esercizi mirati a rinforzare il tendine potrebbe essere:

  • #1 settimana : 3 serie da 12 ripetizioni
  • #2 settimana: 3 x 15 rip
  • #3 settimana: 3 x 10 (aumentando leggermente il carico rispetto a #1 settimana)
  • #4 settimana: 4 x 10 (mantenendo peso)
  • #5 settimana: 4 x 8 / 10 (aumentando peso rispetto a #4 settimana)

Nota: Segnare i carichi e valutare feedback il giorno dopo, se il dolore aumenta diminuire ripetizioni e / o carico

#2 esempio lombalgia / cervicalgia cronica. In questo caso non si può parlare di tendinopatia tuttavia i principi sono praticamente gli stessi. Esclusi traumi / condizioni gravi la maggior parte delle cervicalgie o lombalgie croniche è portato da una debolezza di quelle zone. Se per motivi lavorativi si adotta una postura mantenuta per molto tempo, questo può essere un fattore aggravante. Il consiglio è cercare di cambiare posizione spesso ogni 30 / 45′ questo vuol dire muovere leggermente testa e schiena o, se possibile, alzarsi anche per pochi minuti. In questi casi i tessuti da trattare / rinforzare sono più profondi quindi migliorare direttamente il drenaggio ad esempio usando cerotti caldi (classico rimedio consigliato) è inutile. Le armi migliori sono rinforzo diretto e movimento. Cervicale e lombare sono complessi di articolazioni molto mobili, per questo è importante stimolarle in tutti i loro gradi di mobilità. È importante sfatare il mito che piegare la schiena in avanti è dannoso, la verità è che l’infortunio (blocco) avviene perché i tessuti non sono sufficientemente forti e mal tollero un piegamento. Proprio per questo motivo anche inserire esercizi di rinforzo / mobilità in cui si va a piegare la schiena in avanti sono molto utili ed efficaci nel rinforzare la lombare e prevenire recidive. Valgono gli stessi principi che per le tendinopatie ovvero: tornare a muoversi il prima possibile (anche se presente leggero fastidio), includendo esercizi e movimenti che muovono quella zona. Inserire quanto prima esercizi mirati per rinforzare i tessuti così da renderli più forti e tolleranti ai carichi. Rispettare il recupero e valutare il dolore il giorno dopo aver svolto un’attività / esercizio. Un po di dolore è normale ma non deve peggiorare tanto durante l’esercizio e sopratutto non si deve aggravare il giorno successivo. Se il dolore il giorno dopo è presente (ma non peggiorato) è comunque un buon segno. Avendo aggiunto uno stress (esercizio) il fastidio non è peggiorato, lo stimolo è stato quindi corretto. È importante considerare che un dolore cronico è difficile che sparisca in pochi giorni. Tuttavia, se tornado a muoversi e aggiungendo esercizi non peggiora è un ottimo segno. Nella maggior parte dei casi, al contrario, il movimento migliora la sintomatologia fin dalle prime settimane.

#3 esempio distorsioni, lesioni / traumi acuti. I due casi precedenti sono i più frequenti, al terzo posto ritroviamo solitamente i traumi come: distorsioni di caviglia, lussazioni di spalla, lesioni muscolari / tendinee e fratture. In questi casi valutare la gravità ci si può basare sul dolore, se è molto forte, invalidante, costante ed è presente adema e gonfiore la cosa migliore da fare è indagare attraverso esame strumentale. Viene spesso consigliata una lastra (RX) come prima via di indagine. Solitamente però sopratutto in casi di distorsione / lesione muscolare o tendinea e lussazione la cosa migliora è indagare con una risonanza magnetica che risulta molto più accura e specifica andando a valutare tutti i tessuti non soltanto quello osseo (come invece fa l’RX). L’obiettivo primario in questi casi è escludere lesioni dei tessuti per evitare di peggiorare la situazione. Escluse lesioni dei tessuti e/o fratture il protocollo prevede. Immobilizzazione, compressione, ghiaccio (alternato), elevazione dell’arto e riposo per i primi 7gg. Per poi tornare a fare tutte le attività che non aumentano il dolore, cercando di muoversi il più possibile per stimolare i tessuti e drenare la zona.

Alcune domande frequenti.

  1. Utilizzo di antinfiammatori / antidolorifici. Quasi sempre sconsigliato poiché ridurre il dolore può portare ad utilizzare maggiormente la parte interessata peggiorando la situazione. In aggiunta è un palliativo, non tratta la causa.
  2. Evitare di piegare la schiena con dolore. Esclusi i primi giorni di fase acuta (5/7) non utilizzare la schiena in alcuni gradi di movimento porta a maggior indebolimento dei tessuti e maggior rischio di recidiva. Peggiorando nel tempo anche la mobilità.
  3. Ho dolore devo fermarmi? Non sempre. Il dolore non sempre è indice di danno al tessuto fermarsi per troppo tempo indebolisce i tessuti e allunga i tempi di guarigione.
  4. Dolore durante attività fisica ed esercizi. È normale, sopratutto nelle prime fasi di ripresa, non deve spaventare. Si cerca di stare entro 2-3/10 prestando attenzione che non sia peggiorato il giorno successivo.
  5. Più il dolore è cronico più devo riposare. Falso! È esattamente l’opposto! Maggiore è il tempo di stop più importante sarà riprendere quanto prima il movimento per tornare il più presto possibile a stimolare i tessuti. Più inattività = maggior rischio di recidive.

Ultime considerazioni e riassunto.

Il dolore è spinoso poiché, come abbiamo visto, è possibile avere dolore senza danno dei tessuti. Nella maggior parte delle condizioni croniche è necessario, sopratutto all’inizio, vincere la paura del movimento e i fastidi presenti per tornare a muoversi quanto prima. Il dolore è influenzato (molto più di quello che si pensa) da tanti fattori come per esempio: stati di stress, ansia, depressione o paura di non tornare più come prima. La guarigione è un processo delicato ed è bene concentrarsi sui piccoli traguardi quotidiani piuttosto che voler guarire in pochi giorni. Lo stile di vita gioca un ruolo importante sulla percezione del dolore e sulla guarigione. Dare priorità al sonno, cercando di dormire a sufficienza, controllare il peso, evitando stati di sovrappeso / sottopeso, curare l’alimentazione scegliendo per la maggior parte alimenti poco processati, freschi e ricchi di oligoelementi preziosi per la salute del corpo sono tasselli importanti che possono fare la differenza. Chiaramente quanto scritto è una generalizzazione e non deve essere applicato a ogni singolo caso. La cosa migliore sarebbe rivolgersi ad uno specialista in ambito che sappia guidare le varie fasi del processo terapeutico.

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